UN RESTAURO PER MAZZORBO
Ad un anno dalla presentazione 
  del libro “La chiesa di S. Caterina e l’isola di Mazzorbo” di E. Comastri, dove 
  si sottolineava il pessimo stato di conservazione delle opere pittoriche poste 
  alle pareti dell’antichissima chiesa di S. Caterina, già una pala restaurata 
  alla nostra Comunità.
L’occhio attento del 
  dottor Ettore Merkel ha dato inizio al primo lavoro di restauro di questa pala 
  dei santi Cosma e Damiano che mani esperte dopo pochi mesi hanno riportato al 
  suo primitivo splendore.
E’ l’inizio degli interventi 
  di restauro alle opere pittoriche di S. Caterina promosso dal dott. Francesco 
  Valcanover, Soprintendente ai Beni Artistici e Storici di Venezia.
Ci auguriamo che entro 
  breve tempo si provveda anche al restauro delle altre opere di valore storico 
  oltre che artistico che si possono ammirare nella chiesa di S. Caterina: 
  
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  la bellissima pala dell’altar maggiore: “Il battesimo di Gesù” del Salviati;
  
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  “il matrimonio mistico di S. Caterina” di Matteo Ponzone;
  
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  la paletta di San Nicolò;
  
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  le due piccole tele di S. Pietro e di S. Giuseppe.
Sono 
  le uniche opere che Mazzorbo possiede, ed il visitatore può trovare in esse 
  una suggestiva carica di semplicità e spiritualità.
      Sac. Ettore Fortezza

  
   
  
  
Il restauro ha reso giustizia di un dipinto che rivela la felice mano di un artista che, con una tavolozza di pochi colori, ha saputo costruire in scioltezza e luminosità pittorica, una tessitura cromatica ed un impianto compositivo degno di ammirazione, anche se egli di certo non appartiene alla schiera dei “grandi” pittori veneziani.
Un minore, come si suol dire con un certo distacco, un pittore ancora sconosciuto, ma di sicuro nel novero degli artisti seicenteschi veneziani o fra quei foresti che hanno lavorato in laguna apportandovi nuovi fermenti ed esperienze.
Un mondo artistico, quello veneziano di allora, sensibile alle influenze esterne, a stento liberatosi dal dilagante accademismo dei primi decenni del secolo XVII e dibattuto nella definizione della propria espressione artistica. Per queste ragioni l’attribuzione non si presenta facile, anche se le elevate qualità dell’opera dovrebbero consentire l’individuazione di una ristretta rosa di nomi.
Un’attenta analisi stilistica congiunta a qualche fortunoso aggancio storico potrebbe farci approdare ad un nome sicuro, per il momento, come ipotesi di lavoro, azzarderei il nome dell’artista lucchese Pietro Ricchi (1606-1675).
In uno sfondo intonato all’azzurro e all’ocra di gonfie nuvole amalgamate da sapienti velature, emergono le figure dei due santi gemelli, quasi sospese nella loro eleganza formale mentre guardano il cielo con lieve movimento a spirale del capo nel caratteristico atteggiamento patetico. Una luce intensa nasce dal vasto cielo che copre quasi tutta la tela creando una vibrante atmosfera luminosa estesa ed avvolgente sul roseo incarnato del putto in alto e sui volti ispirati dei santi nella loro bianca cappa d’ermellino. (Una pala di Jacopo Tintoretto conservata all’Accademia, raffigura questi due santi in identiche vesti dottorali e mantellina bianca d’ermellino).

Nella tela 
  in basso spiccano gli argentei barbagli delle onde increspate del mare, richiamandoci 
  al racconto del martirio dei santi gemelli Cosma e Damiano, incatenati e gettati 
  nel mare da una barca. L’episodio descritto ci ricorda la leggenda del loro 
  supplizio quando il proconsole Lysias, non riuscendo a far loro del male con 
  la fustigazione, tenta di annegarli, ma senza riuscirvi per il provvidenziale 
  intervento di un angelo che rompe le catene e li riconduce a riva.
Questi 
  santi, patroni dei medici, furono popolari per la loro reputazione di santi 
  guaritori, ed invocati contro la peste unitamente ai santi Sebastiano e Rocco. 
  Proprio in occasione della liberazione dalla peste del 1630 fu eretta a Mazzorbo 
  di fronte all’attuale chiesa parrocchiale di Santa Caterina, la chiesetta di 
  S. Maria delle Grazie, che tra l’altro ogni anno era meta di una processione 
  degli abitanti di Mazzorbo in occasione della festa di S. Rocco, ebbene, questa 
  particolare coincidenza potrebbe far pensare che in origine questa tela fosse 
  custodita in questa chiesetta finché, a causa della soppressione napoleonica, 
  venne trasferita in quella di S. Caterina ove si trova, restaurata e degnamente 
  custodita.
                                                                       
                                                 Enrico Comastri