Le origini

antica pianta laguna veneta Mazzorbo Torcello Burano

 

Qui a Mazzorbo, e nelle isole vicine alla importante città romana di Altino, la tradizione fa risalire l’origine di Venezia, quando, a causa delle invasioni barbariche del V secolo, gli abitanti di questa città vi cercarono rifugio.

Le antiche cronache veneziane tendono a descriverci la realtà lagunare preesistente al loro insediamento come luogo disabitato  e selvaggio che sino ad allora era sfuggito a qualsiasi ordinamento giuridico, e ciò con l’evidente fine di ribadire la loro origine autonoma ed indipendente da qualsiasi autorità [1] .

I risultati della campagna di scavi nell’isola di Torcello del 1961-62 ci fanno sapere, e senza alcuna ombra di dubbio, di un insediamento stabile in questa aarea lagunare già in età romana a partire dal 1° secolo dopo Cristo. Lo si è dedotto, in particolare, dalle tracce emerse, di lavori di rafforzamento ed innalzamento del livello del terreno paludoso effettuato con frammenti di ceramica databili con buona approssimazione alla seconda metà del 1° secolo dopo Cristo [2] .

Le inclementi condizioni climatiche del V-VI secolo, documentate dallo strato di origine alluvionale scoperto nella piazza, costrinsero gli abitanti all’abbandono di queste isole, fino all’ultima invasione barbarica del 568, che segnò una ripresa di ripopolamento e l’avvio di lavori di rassodamento su vasta scala di terreno, che permisero di allargare l’area abitabile e di intensificare progressivamente le attività produttive.

Ma che queste isole fossero ancora più antiche di quanto non ci dicano le antiche cronache già ce lo faceva intendere il verso dell’epigramma del poeta Marziale: “Aemula Baianis Altini litura villis”  (l. 4 ep. 25, Tomo II), che nella descrizione di questi lidi splendidi per la salubrità del clima ci suggerisce l’idea di ville suburbane costruite proprio in questi luoghi. C’è da ritenere che l’accostamento con le amene spiagge di Baja e di Pozzuolo vicino a Roma sia stato fatto riferendosi a delle ville lussuose e ampie, che ovviamente richiedevano molti servizi e strutture economiche e commerciali che posti deserti, o quasi, non avrebbero potuto fornire. Ci saranno state abitazioni per contadini, giardinieri, servi e liberti, con depositi per il grano, cantine, recinti per i pascoli.

 

Ma torniamo al mito perché da esso ricaviamo interessanti spunti: per esempio da Cronaca Veneta [3] : “…avvisati gli Altinati che Attila veniva inverso di loro deliberarono di mettersi in sulla difesa, ma restati oppressi i Nobili, parte dal ferro che li mise a morte, e parte dalle catene che furono loro poste a’ piedi, il buon Magno Vescovo di Altino con Atrio ed Aratro suoi compagni di santa vita e con quel poco d’avanzo del volgo, portando seco i corpi dei santi Tonisto e Liberal con un braccio di San Giacomo apostolo, fuggirono ai lidi vicini, e alle isolette già abitate da pescatori, le quali furono da loro nominate secondo i nomi dei borghi, delle torri, e di alcune parti della sua città, cioè l’una DORSEO, ora Torcello, e l’altra MAJURBIO, la terza BURAN, che ancora conserva un tal nome e finalmente COSTANTIACO, URNI ed AMIAN, le quali in progresso di tempo furono dal mare ingoiate."

Pianta laguna veneta Mazzorbo Burano Torcello laguna nord Venezia

 

Come già ci suggeriva la presenza delle lussuose ville suburbane ricordate da Marziale, vi doveva essere in questo dedalo di canali che si formano tra le barene e le isole, già nel periodo paleoveneto e quindi in epoca romana a partire dal primo secolo d. C., una stabile e diffusa presenza dell’uomo, legata alla creazione di una complessa rete di trasporti e commerci, tali da divenire nel tempo un polo di rilevante interesse economico per le popolazioni che si affacciavano in queste lagune.

La storia della nostra laguna è ancora adesso un tema di studio molto complesso e per alcuni suoi aspetti ancora controverso, vero è che soltanto una estesa e continua campagna di scavi archeologici potrà dar risposta alle domande che non sempre i documenti antichi in nostro possesso possono dare (le fonti tradizionali fino all’VIII secolo sono costituite da una quarantina di documenti scritti, e fino a tutto l’anno Mille sono solo centocinquanta) [5] .

 

Le lagune si estendevano da Ravenna a Grado e costituivano, attraverso le “fosse” (canali di collegamento scavati fra i vari specchi d’acqua lagunari) [6] , un sicuro sistema viario di trasporto endolagunare. Di questo siamo informati dall’ITINERARIUM ANTONINI, quando in esso si precisa che da Ravenna si raggiungeva Altino navigando per i “Septem Maria” cioè attraverso le acque di queste ampie zone lagunari [7] .

Il trasporto si effettuava con delle piccole chiatte o imbarcazioni non molto grandi a fondo piatto, con costi più elevati e tempi più lunghi ma certamente con una sicurezza maggiore del trasporto marittimo che nel periodo invernale non era affidabile e praticamente inesistente.

Lungo questo itinerario, che si muoveva in parallelo con le strade della costa in direzione di Altino, è ancora oggi possibile localizzare, in corrispondenza dei fiumi e delle fosse, i posti di sosta attrezzati a scalo portuale che avevano l’evidente scopo di collegamento con i centri dell’entroterra. Questi si possono rintracciare presso le attuali Fornaci di Loreo, l’attuale Fossone, Brontolo, Chioggia e presso Arzergrande sul Bacchiglione in diretta comunicazione con il Porto di Padova, e più in su in corrispondenza del Brenta, Porto Manai cui si lega lo scalo marittimo di Malamocco (Medoakos) [8]

Da Malamocco ad Altino passando davanti alle bocche di San Nicolò del Lido, la rotta obbligata era Mazzorbo – Torcello, che per questa ragione e per essere essi stessi considerati una estensione lagunare del “municipium Altinum”, dovevano essere sin dai primi secoli uno stabile centro commerciale e marittimo, attrezzato per la navigazione lagunare. Dovevano cioè essere in grado di fornire – per esempio – di piloti capaci di districarsi nel dedalo di canali e barene in direzione del porto di Altino anche con le navi di più grosso tonnellaggio.

Si deve perciò pensare ad un sistema di comunicazioni perfettamente raccordato fra laguna, fiumi e mare, tale da costituire un complesso reticolo di interessi commerciali ed economici, molto prima che gli Altinati fuggissero dalla loro città verso Mazzorbo, Torcello e Burano a causa delle invasioni barbariche.

Lo storico Jacopo Filiasi [9] sull’antichità di queste isole osserva: “non di rado nelle vigne e negli orti di queste isole non solo trovansi antiche monete veneziane, longobarde, greche, costantinopolitane, aquileesi e barbare, di quelle insomma che corso ebbero nei tempi primi della nostra Repubblica, ma anche delle romane, ne vidi di Nerone, di Claudio, Adriano, Severo, Costantino. E’ presumibile dunque che in queste isole gli Altinati avessero delle ville e degli orti …”

Pianta Bordone della laguna veneta isola Mazzorbo Torcello Vurano Venezia

La realtà lagunare antecedente il IX secolo purtroppo non ci giunge descritta in nessuna documentazione cartografica, tale da fornirci il nome delle varie isole, paludi e canali. D’altronde la cartografia veneziana a stampa inizierà il suo splendido lavoro di riproduzione e di “costruzione” dell’immagine di Venezia solo a partire dalla fine del XV secolo.

In questa sua impresa sarà quasi sempre privilegiata l’esigenza “pubblicitaria” di rappresentare la città di Venezia piuttosto che l’insieme della laguna.

L’eccezionale e stupenda pianta Cronologia Magna (1346) di fra Paolino conservata alla Marciana, prima rappresentazione cartografica di Venezia, già ci mostra una parte significativa della laguna [11] .

Il rapporto città – territorio – laguna ci sarà illustrato da Benedetto Bordone nel suo Isolario del 1528. La pianta della città è la prima rappresentazione prospettica a stampa di Venezia circondata dalle isole. La città è chiusa tutt’attorno dai lidi e da una porzione di terraferma dove si scorgono Mestre, Marghera e Lizzofusina; in alto, ricca di case e campanili si vede la bella isola di Mazzorbo [12] .

Dal secolo IX in poi giungono i nomi delle VALLI, che in documenti del 1128 vengono chiamate Piscariae, appunto perché nei loror recinti chiusi da pali, pertiche e “grisiole”, queste acque erano destinate principalmente alla pesca o alla uccellagione.

I canali, le paludi, le tumbe o barene (rialzi arenosi a dorso di mulo), le scomenzere (scavi fatti per consentire la navigazione fra due specchi acquei), prendono il nome per la Laguna di Torcello, fuori della Valle del Dogato, di: Cava della Taia, Sette Soleri, Rozza, S. Lorenzo, La Cona, Canal dei Bari, Scanello, Lio Zizzolo.

Un territorio vivo, un luogo spesso sconvolto da alluvioni e perciò soggetto a notevoli modificazioni come la scomparsa di intere isole: della pieve di S. Lorenzo nell’isola di Ammiana non si hanno notizie storiche a partire dalla fine del XII secolo e così le due pievi dell’antichissima isola di Costanziaco non si nominano più a partire dalla seconda metà del XIII secolo, originando il trasferimento di molti monasteri a Torcello e a Mazzorbo.

“Il suolo, particolarmente di Torcello e Mazzorbo” – scrive Jacopo Filiasi nelle sue “Memorie storiche” – “non è tutto formato di fango o terra come le altre isole, ma c’è uno strato di sabbia fluviale e terra vegetale, cioè non è fango marino. Queste isole furono tumbe, cioè dossi dove rarissime volte saliva la marea. Anche da ciò si desume che Torcello e Mazzorbo siano state abitate ambedue anche in tempi romani

 


[1] L’Impero d’Occidente, da Carlo Magno in poi, avanzò pretese di sovranità sulla città lagunare, anche dopo la pace fra i due imperi che nel  812 riconosceva il Ducato di Venezia ai Bizantini.

[2] L. LECIEJEWICZ, E. TABACZYNSKA, S: TABACZYNSKI, Problemi e storia delle ricerche (Campagna di scavi a Torcello 1961), in “Bollettino dell’Istituto di Storia della Società e dello Stato Veneziano”, vol. III, 1961.

[3]   Cronaca Veneta sacra e profana o sia Compendio di tutte le cose più illustri ed antiche della Città di Venezia, Venezia 1793.

[4]   Sempre sul nome di queste isole, S. Romanin nella sua storia riporta la Cronica di A. Dandolo dove l’origine delle sei isole di  TORCELLUM, MAJORBIUM, BURANUM, AMORIANUM, COSTANTIACUM et AMMIANUM, si fa derivare dalle sei porte della città romana di Altino. (S. ROMANIN, Storia documentata di Venezia, Venezia 1853, pagg. 38-39, cap. III, lib. I). E Flaminio Corner nelle sue notizie storiche sulle chiese: “Mazorbo isola non molto distante da Torcello fu così chiamata dagli Altinesi, che primi cominciarono ad abitarlo, in memoria di quella porta della loro patria che conducendo al maggior borgo, dicevasi MAJURBIO, e poscia corrottamente Mazorbo, (F. CORNER, Notizie storiche delle Chiese e Monasteri di Venezia e Torcello, Padova 1758, pag. 589).

Il nome dell’isola lo troviamo scritto in vari modi: MACURBIO ed anche MASURBIO, (B. TREVISAN, Della laguna di Venezia, Venezia 1715); un anonimo cronista del 1455 scriveva MAIBORCO.

Ed ancora sulla origine del nome il GALLICCIOLLI nelle sue memorie del 1795 ipotizza che: forse così si chiamassero da alcune famiglie Altinati, che principalmente ivi signoreggiavano come dalle famiglie Clodia, Daula, Maestria sembra aver dato il nome di Chioggia, Dolo e Mestre”   …”può credersi parimenti che le sei contrade abbiano servito di modello a’ dei sestieri di Venezia.” (G.B.GALLICCIOLLI, Delle memorie venete antiche profane ed ecclesiastiche, Venezia 1795, lib. I, capo IV, pag. 64).

[5]   G. ORTALLI, Il problema storico delle origini di Venezia, in Le origini di Venezia, Venezia 1981, pagg.85-89.

[6]   Si ricordano ancora oggi i nomi della fosse Augusta, della fossa Neronia, della fossa Flavia.

[7]   L. BOSIO, I septem Maria, in “Archeologia Veneta” II, 1979.

[8]   L. BOSIO, La navigazione nella laguna di Venezia in età romana, in Le origini di Venezia, Venezia 1981, pag. 71.

[9]   J. FILIASI, Memorie storiche de’ Veneti primi e secondi, Venezia 1796-1798, oag. 308, cap. XI, Tomo II.

[10]   Negli scavi dell antica Altino, i reperti archeologici a partire dalla fine del II secolo d. C. sino a tutto il III, IV e V secolo, cioè fino alla sua distruzione ad opera di Attila nel 452, risultano essere sempre meno importanti o quasi inesistenti. Ciò deve essere interpretato come inizio della decadenza in cui versò progressivamente Altino, ancor prima della sua distruzione, a causa dell’inaridimento dei mercati di vendita con la Germania e con la Gallia a cui era collegata attraverso la via Claudia Augusta. Si può anche da questo fatto rilevare una tendenza, sia pur graduale, allo spopolamento della città di Altino verso le isole già dalla fine del II secolo d. C. (B.M. SCARFI, Stato della ricerca archeologica in ambito lagunare e prospetti e prospettive future, in Le origini di Venezia, Venezia 1981, pag.107).

[11]   Paolino Minorita “da Venezia”,  Cronologia Magna, c. 7 Biblioteca Nazionale Marciana, MS. Lat. Zan. 399 (1610); vedi anche: G.D.ROMANELLI, Venetia tra l’oscurità degli inchiostri, cinque secoli di cartografia, Venezia 1982, pag. 8.

[12]   Questa carta fu esita a Venezia nel 1528 e si trova a pag. XXX del volume: Isolario di Benedetto Bordone, nel quale si ragiona di tutte le isole …(…). La fotografia riproduce una incisione inserita nella successiva edizione del 1534. (Cfr. S. BIADENE in Venezia piante cit., pag 26, n. 7).

[13]   J. FILIASI, op. cit.,pag. 308, cap XI, Tomo III.