Interno

Passiamo ora alla descrizione dell’interno, iniziando dai due altarini portatili di legno che, fino al 1800, erano collocati sotto il coro e di cui ora ci rimangono solo le due pale che li ornavano.

San Nicolò di Bari

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A sinistra, appena entrati, dove è il fonte battesimale, c’era l’altare ligneo dedicato a S. Nicolò [1] . Sull’altare vi era infatti la paletta con il Santo che ancora oggi si può vedere sulla pareta destra del presbiterio. La tela cinquecentesca di scuola veneziana (140x75), proveniente dall’antico monastero di S. Nicolò della Cavana [2] , ci mostra in primo piano la figura benedicente del santo Vescovo ed un putto accovacciato che con il braccino teso gli offre le tre palle d’or. Sulla destra della tela è raffigurato in lontananza il miracolo di San Nicolò quando di notte, senza essere visto, lancia verso una finestra dove dormivano tre fanciulle, tre borse piene d’oro. La tradizione vuole che con queste borse le fanciulle, figlie di un nobiluomo ridotto all’indigenza, si salvassero dalla prostituzione cui erano destinate, e costituissero una dote per il matrimonio [3] .

Di fronte, dove ora c’è il confessionale, era posto il secondo altare di legno. Sopra ad esso una tela con lo sposalizio mistico di S. Caterna(115x148), la stessa che ora si trova sulla parte sinistra del presbiterio, racchiusa in una bella cornice cinquecentesca, purtroppo sia la tela che la cornice in pessimo stato di conservazione [4] Si tratta di un’opera di Matteo Ponzone (c. 1586 – post 1663), artista dalmata di cui si è scoperto solo recentemente l’importanza nella pittura veneziana del primo Seicento [5] , artista che per il suo legame con la tradizione pittorica sarà ricordato e lodato dal  Boschini nella Carta del navegar pittoresco (1669): L’è ‘l vaso che mantien grato odor  /  Dela maniera grave Veneziana; El so posto è la sedia più soprana,  / E dela giostra l’è ‘l mantenidor” [6] .  La stesura gessosa dell’azzurro e del rosso della veste della Vergine e quella grigio argenteo di Santa Caterina, in una “suntuosità del colore, sempre tenuto su tonalità un poco fredde” [7] ,  lasciano cogliere la mano del Ponzone che fa vivere in quel tono patetico dell’espressione dei personaggi la intima partecipazione emotiva all’evento.

Il ritrovamento dell’opera, sfuggita all’attenzione della critica (cfr. anche la monografia del Privateli) [8] , oltre all’urgente restauro, comporta un più approfondito esame che ne confermi definitivamente l’attribuzione all’artista dalmata

A sinistra dove era collocato l’altare di San Nicolò, vediamo il fonte battesimale con la recente decorazione a mosaico dorato e la vasca battesimale che sembrerebbe l’acquasantiera ricordata nella visita pastorale del Vianoli (1682) [9] posta vicino alla colonna di destra del coro. Sulla predella la lastra tombale con questa semplice iscrizione: “SEPULTURA DI MISIER BENEDETTO DI ROCHI DA MAZORBO ET SUOI EREDI” sotto è posta la data “ADI  /  PRIMO GENNARO MDLXVI”.

Sotto il barco a sinistra era aperta una grande finestra che dava nel chiostro delle monache e che viene ricordata in molte visite pastorali perché i Vescovi si preoccupavano che la gelosia a protezione da eventuali sguardi indiscreti, fosse alta e stabile. Lì vicino c’era una  ruota che serviva per dar gli apparati dal monasterio …”ed era necessaria in quanto, essendo la sagrestia sistemata nel piccolo locale a destra dell’altar maggiore, dove ovviamente si potevano tenere soltanto gli apparati di uso corrente, le monache quotidianamente portavano in chiesa ciò che occorreva attraverso questa ruota e che normalmente era custodito e curato in monastero.

Matrimonio mistico di Santa Caterina di matteo Ponzone, chiesa di Santa caterina di mazzorbo, isola di Mazzorbo, laguna di venezia

Nella parete sinistra, a metà navata, l’altare barocco della Madonna Immacolata. Non si tratta dell’altare dalle colonne di marmo bianco che si menziona nella visita pastorale del 1678, ma di un altare che potrebbe essere stato trasportato qui a S. Caterina proveniente dalla chiesa di S. Angelo quando nel 1819 fu trasferito a S. Caterina il titolo di parrocchia.

La statua della Vergine fu fatta dal parrocchiano Remigio Barbaro nel 1932 a Burano, ed è inserita fra le colonne dai classici capitelli corinzi, congiunti dai pulvini all’arco di chiaro stile barocco, come se ne vedono molti nelle chiese veneziane.

Ancora nel 1921 sull’altare era posta la statua della Madonna che ora si può vedere nella fondamenta di S. Caterina. In questo altare si custodiva un tempo il corpo di S. Adriano martire [10] ed anche altra reliquie di santi conservate parte in vasi di argento antichi, dorati e parte in vasi di cristallo [11] .

Di queste reliquie si ha ancora notizia in una lettera scritta da don Giuseppe Merli nel 1930 in cui si chiede a mons Petich della Curia Patriarcale che vengano restituiti i corpi dei santi martiri S. Andrea e S. Mario dal duomo di burano cui erano affidati dalle monache dopo la soppressione del monastero [12] .

A destra un semplice altare di marmo bianco, con la statua lignea di S. Pietro, forse proveniente da una delle chiese soppresse dell’isola. Non molti anni addietro l’altare era dedicato a S. Caterina e con questo titolo lo ricorda ancora don Camozzo  nel 1915 nelle sue memorie [13] . Sull’altare si venerava il corpo di S. Mario custodito in “deposito marmoreo eleganter…” [14] protetto da un vetro e da un coperchio di legno dorato.

Sulla predella marmorea è inciso lo stemma della famiglia Minio, che è  l’unico ricordo rimasto della sepoltura del nobile veneto su cui si leggeva :”Andrea Minio Senatori Optimi Laurentius filius obijt anno 1576” [15] .


[1]   A.C.P. Venezia, Diocesi Torcello, v. p. Diede 1736.

[2]   Questa tela anticamente apparteneva al monastero di Santa Caterina quando in quell’isola di San Nicolò – ora chiamata di S. Maria del Rosario o del Monte – fu eretta nel 1712 la chiesa del  Ss. Rosario così come si legge nella relazione pastorale del vescovo Diedo 1736: “Sub Chorum Monialium S. Nicolao Episcopo et Confessori dicatum in Signum verionis alterius Monasterii antiquitus in insula prope Majurbium ubimodo est erecto Ecclesia Ss.i Rosarii constructum et ad  idem Monasterium S. Cattarina translatum …”. (ACP Venezia, Diocesi Torcello, v.p.Diedo 1736).

[3]   L. REAU, Iconographie de l’art chrétièn, Paris 1956, IV, pag. 976.

[4]   Nella visita pastorale del Vescovo Vianoli è così descritta “in uno sta dipinta la B:ma Vergine col Bambino Gesù, e S.a Cattarina” riferendosi all’altare destro sotto il coro. (A:C:P: Venezia, Diocesi Torcello, v.p. Vianoli 1682).

[5]   Matteo Ponzone è nato in Dalmazia ad Arbe (Rab), capoluogo della omonima isola dalmata attorno al 1586. Lavorò prevalentemente a Venezia salvo un periodo di dieci anni in cui fece ritorno in Dalmazia.  Si ricorda come allievo di Palma il Giovane, e legato al pittore Sante Veranda che fu forse uno dei suoi maestri, iscritto alla Fraglia dei pittori della città di Venezia dal 1613 al 1633; nella sua bottega ebbe come allievo Antonio Zanchi e Pietro Negri. Fra le molte opere conservate ancora a Venezia ricordo quelle che si trovano nella chiesa di S. Giorgio Maggiore, della Madonna dell’Orto e di S. Cassiano (cfr. R. Pallucchini, La Pittura veneziana del Seicento, Milano 1981, pag. 86 e segg.). Morì dopo il 1663. (KRUNO PRIJATELI, Le opere di Matteo Ponzone in Dalmazia, in “Arte Veneta”, 1966 annata XX, pagg. 153-154).

[6]   R. PALLUCCHINI, op. cit., 1981, pag.87. E’ il dipinto che lo Zanetti, nella sua guida del 1733, così ricorda: “nell’uscir di Chiesa evvi una tavola collo sposalizio di S. Catterina; opera bella di Matteo Ponzone” (A.M. ZAMPETTI, Descrizione di tutte le pubbliche pitture …, Venezia 1733, pag. 460.). Ma ancor prima nel 1664 il Boschini con maggior precisione ci descrive l’opera:”…Nell’uscita di Chiesa, a mano manca, la Tavola dell’Altare con nostro Signore Bambino in braccio alla Madre che sposa Santa Caterina con Angeli diversi al piano, e Angeletti in Cielo, è opera rara di Matteo Ponzone.”(M. BOSCHINI, Le Minere della pittura, Venezia 1664, pag. 549 e ancora il LORENZETTI, op. cit., a pag. 821 che senza nominare l’autore cita una tela della fine del XVI secolo ove si rappresenta Lo Sposalizio di S.ta Caterina.

[7]   R. PALLUCCHINI, La pittura veneziana del Seicento, Milano 1981, pag. 86.

[8]   K. PRIJATELI, Mate Ponzoni – Poncun,  Split 1970.

[9]   A.C.P. Venezia, Diocesi Torcello, v.p. Vianoli 1682.

[10]   Sant’Adriano (8settembre). Le sue reliquie da Bisanzio passarono nel VII secolo a Roma dove fu eretta la chiesa di San Adriano. A partire dal XIV secolo il culto di questo santo è associato a quello dei santi invocati contro il morbo della peste, e forse per questo (?) fu portato nelle isole veneziane nel 1659.

I suoi attributi sono l’incudine e un leone accovacciato, simbolo del suo coraggio. (L. REAU, op. cit., Paris 1956, I, pag.23).

[11]   Il vescovo Vianoli scrive di aver visto: “le scritture autentichee dei corpi di S. Adriano che fu mandato da Roma dall’Ill:mo sig. Angelo Corano, l’anno 1659 e l’anno stesso dall’E: Cardinal Carobini fu mandato da Brescia il corpo di S. Mario martire con le loro autentiche in forma riconosciuta dalla Curia Episcopale di Torcello. Viene celebrata la festa et officio dalle Monache la p.ma domenica di settembre con rito doppio minore. Le scritture a ciò spettanti si conservano in un libro con cartoni di curame rosso dorati.” (A.C.P. Venezia, Diocesi Torcello, Vianoli 1682.

[12]   Archivio Parrocchiale di S. Caterina di Mazzorbo.

[13]   Nell’archivio parrocchiale è conservata una lettera del  25 luglio 1939 della Curia Patriarcale in sui si autorizza don Giovanni Zanin, delegato patriarcale per la parrocchia di Mazzorbo, di alienare una statua di S. Caterina, spezzata in due parti e ritenuta di nessun valore storico ed artistico, che probabilmente apparteneva a questo altare.

[14]   A.C.P. Venezia, Diocesi Torcello, v.p. Diedo 1736.

[15]   A.C.P. Venezia, Diocesi Torcello, v.p. Vianoli 1682.   “…La predella, che stà scoperta si vede una sepoltura dalla quale sono state estratte l’ossa de defunti, come fu detto, et impita di ruvinazzi: mà resta il coperchio con inscritt.ne e brocche di metallo et insegna di casa Minio Nob: Veneto. Onde fu ordinato siano cancellati li Caratteri Levate Le Brocche e l’insegna, si che nemmeno apparisca segno di sepoltura. L’inscritt.ne è tale Andrea Minio Senatori Optimi Laurentius filius Obijt anno 1576.” E fortunatamente la disposizione fu eseguita solo in parte.