La decorazione in stucco che attribuisco a Giulio dal Moro del soffitto della sala degli stucchi in palazzo ducale a Venezia

Durante il dogado di Marino Grimani (1595-1605) con la decorazione a stucco del soffitto della sala degli stucchi, Giulio dal Moro esprimerà al massimo livello le sue doti di sintesi e idealizzazione formale nella plastica figurativa di gusto manieristico. E' questo un momento fondamentale della creatività artistica dello scultore che lo pone su di un piano di alta qualità stilistica (fig.1 "F").

Si tratta di un'opera che dà il nome alla sala degli stucchi, appunto, si veda il disegno che le indica tutte e dieci (fig.2) e che è rimasta a lungo senza autore: “una delle opere più trascurate” di palazzo Ducale, afferma il Semenzato quando commenta “questa ghirlanda di figure delicatissime che diffondono un ritmo di letizia e di leggerezza, e disegnano in un cielo trasparente l'immagine di una giornata serena” (fig.3 "C" cimiero "D") : opera di elegante equilibrio compositivo, sintesi formale di ascendenza parmigianinesca (fig.4 "F").

Il suggerimento delle due figure femminili della targa della loggia di palazzo Ducale, celebrativa del passaggio di Enrico III nel 1574, di Alessandro Vittoria (fig.5) , è molto evidente, anche se Giulio ha saputo trasferire in questo impianto decorativo della sala, molto più esteso e complesso, ciò che di “dinamico e di pittorico”(1) (fig.6 "I" "L" "A") questa targa poteva suggerirgli e trasformarlo in un insieme di trasparenza e leggerezza (fig.7 "C").


Si tratta di un'opera che più di ogni altra mostra l'influenza del maestro trentino, il quale rimarrà comunque un esempio costante per Giulio dal Moro, soprattutto per le sculture d'altare e poi per i busti-ritratto.

L'attribuzione a Giulio dal Moro è maturata non solo per considerazioni di carattere stilistico più generale, in cui si riconosce il tracciato poetico di elegante gioco decorativo tipico del nostro artista, ma è suffragata anche dal confronto con altri lavori scultorei firmati di Giulio dal Moro. Indicherei fra questi gli angeli, firmati, pressoché contemporanei, dell'altar maggiore della chiesa parrocchiale di Oriago(2) (fig.8), rilevando l'identico modo di raccogliere i capelli sul petto, l'accentuazione delle linee curve delle arcate sopracciliari che si congiungono con quelle del naso senza soluzione di continuità, il lieve gonfiore dell'occhio, uguale nel taglio.

Si osservi inoltre il ventre prominente nella cariatide, fasciato in alto da alcune pieghe della veste, che in basso è unito in un nodo, (fig.9 "G") alla stessa maniera che nella scultura allegorica della “Fedeltà” della sala delle Quattro Porte (fig.10), o della “Speranza” (firmata) della chiesa di san Felice (3) (fig.11).

 

note:

1) F.CESSI, Alessandro Vittoria architetto e stuccatore, Trento 1961, pag. 286.

2) G.B.TIOZZO, Le ville del Brenta da Lizza Fusina alla città di Padova, Venezia 1977, pag.92.

3) Ma il confronte dei dettagli potrebbe continuare, ad esempio, con la statua allegorica della "Carità", sempre in san Felice,ove si può scorgere la stessa grande piega della veste che parte dal ginocchio, delineata allo stesso modo di alcune figure dello stucco. E' anche interessante osservare la mosanatura del cartoccio del soffitto identico a quello che eseguirà nel 1613 per il decoro dello stemma del doge M.A. Memmo nella sovrapporta della sala degli Scudieri.

Priva di fondamento la proposta di datazione settecentesca degli stucchi della sala degli Stucchi - che sarebbero cioè stati eseguiti durante il dogado di Pietro Grimani (1741-1752), avanzata dal Franzoi (cfr. U. FRANZOI, il Palazzo dei dogi: spazio e potere, in I Dogi, a cura di G. Benzoni, Milano 1982, p.248; v. anche Il Serenissimo Doge, Treviso 1986, pag.247) smentita dal Moretti che correttamente li fa risalire al dogado di Marino Grimani (cfr. L.MORETTI, Ambienti dogali, in I Dogi, cit., pag.267).

Devo aggiungere che oltre ad una prima ragione di carattere stilistico, vi è anche il motto "SYDERA CORDIS" (stelle del cuore) che si legge in una cornicetta ovale in stucco a fianco dello stemma dogale Grimani, chiaramente riferito al doge Marino Grimani (cfr. E. CICOGNA, G. VELUDO, F. CAFFI, G. CASONI e G.A. MOSCHINI, Storia dei dogi di Venezia, Venezia 1864, LXXXIX, Marino Grimani), in quanto altro è il motto del doge Pietro Grimani (cfr. VENEZIA, BIBLIOTECA MUSEO CORRER, Fondo Gradenigo, b.191, c.276 di cui si legge il motto: "VIA, AQVA, ANNONA, RESTIT") durante il cui dogado furono eseguiti soltanto dei restauri e aggiunte delle cornici in stucco alle pareti della sala per nove dipinti provenienti dalla Procuratia de Supra (cfr. L.MORETTI, Ambienti .., cit., pag.267). Di tali restauri si ha notizia diretta da Zuanne Pastori, "proto" alle Pubbliche Fabbriche, che il 29 marzo 1743 firmava una relazione sui lavori necessari al "salotto de stuchi per entrar (...) che conduce nella salla delli banchetti in Palazzo Ducal à di molto bisogno di aggiustar, cioè rimetter tutte quelle parti de stucchi rilasciatte e smosse (...)." (A.S.V., Senato Terra, luglio 1743, II quindicina).

Il 16 novembre 1743, in una scrittura dei Provveditori al Sal (A.S.V., Provveditori al Sal, busta 373, c.51) a proposito dei restauri agli stucchi della stanza "per cui si passa alla camera della Pubblica Audienza di Sua Serenità", si legge che "nell'atto di eseguirli si sono scoperti altri pregiudizi...". Il Magistrato inoltre avanza il "suggerimento di disporre sopra le pareti di essa stanza rinchiusi in Cornici di Stucho alcuni quadri che s'atrovano di Pubblica Raggione nella Procuratia de Supra". In questa occasione, oltre alle cornici, è probabile che sia stata aggiunta la decorazione delle quattro cornucopie e dell'ovale decorato a fiori e frutta posto al centro del soffitto che, con il loro accentuato naturalismo, mi paiono contrastare con la piana luminosità dell'insieme.

 

studio di Enrico Comastri

"Profilo di Giulio dal Moro"

estratto da un articolo in "ARTE VENETA"

rivista di storia dell'arte, annata XLII, 1988, pagg. 87-95.